Un ringraziamento
Questa notte faccio fatica a dormire. Complice il fatto che mia moglie si gira e rigira nel letto a causa di piccoli dolorini causati dal suo stato interessante non riesco più a prendere sonno.
Mi alzo dal letto e, come è normale che sia, la mente comincia a vagare, sfiorando numerosissimi pensieri che, quasi fosse un uccello in picchiata, abbandona velocemente per tornare a grandi altezze che le consentono una più ampia visione d’insieme.
Il pensiero vola in particolare a mio padre, alla sua stanza di ospedale, un accesso venoso periferico sul braccio per i prelievi ed uno centrale a livello giugulare per la chemioterapia: per domani è previsto il trapianto di cellule staminali.
Mio papà è malato di leucemia.
Il destinatario di questa lettera, però, non è lui, benché si meriterebbe una particolare menzione per come sta affrontando la malattia.
Il pensiero di questa notte va al donatore o alla donatrice che ha reso possibile tutto questo.
A lui/lei va il mio grazie.
In questa società che mostra con tracotanza il male e dà per scontato o addirittura nasconde il bene, trovo doveroso e denso di significato ringraziare. Ringrazio perché nulla è meno scontato della gratuità del bene. Quel Bene che va scritto con la “B” maiuscola, quello che nessuno è obbligato a fare ma che salva una vita.
Con questo gesto di intima fratellanza, con questo atto di amore incondizionato tu, caro amico o cara amica, hai contribuito a dare speranza a un padre di famiglia che tra non molto diventerà nonno di una bambina.
Con questo dono che mio padre custodirà dentro di sé come il suo tesoro più grande, la sua seconda possibilità, tu hai fatto sì che molte persone potessero beneficiare ancora del sorriso di un uomo che ti sarà riconoscente per sempre. Per sempre, sul serio.
Non so se tu sia italiano/a, straniero/a, non so di che colore sia la tua pelle, non so se credi in Dio, in Allah o se sei ateo, ma sappi che in un piccolo ospedale d’Italia il tuo futuro fratello di sangue sta per ricevere in regalo le tue cellule staminali.
Ed io, figlio di quell’uomo che occupa una stanza sterile e dalla quale uscirà tra un mese, ti scrivo questa lettera perché credo sia il minimo. Sei la prova vivente che il mondo non è quel posto privo di valori nel quale ogni giorno ci ripetono che noi viviamo, sei una fiammella che crea un bagliore attorno a sé e rincuora chi ti incontra.
Con questo gesto non dai speranza solo a noi, ma restituisci fiducia all’umanità.
Concludo rinnovandoti il mio ringraziamento più sincero, che si accompagna a quello di mio padre e a quello della mia famiglia, dei suoi amici, colleghi di lavoro. Non ti conosciamo, ma sappi che ti vogliamo un gran bene e che in questa lettera, che spero in qualche modo tu riesca a leggere, sono condensati tutti gli abbracci, le lacrime di gioia e le carezze sulle quali, se tu fossi qui, ci sarebbe scritto il tuo nome.
Con immensa riconoscenza e commozione
F.