Una Colomba per la Vita
La campagna ADMO ‘una colomba per la vita’ in questo 2009 ha un ruolo ancora più determinante: si propone infatti a tutti gli italiani nell’anno che festeggia i vent’anni di attività e ricerca del Registro Italiano Donatori di Midollo Osseo (IBMDR), istituito nel luglio del 1989.
Fu allora che gli Ospedali Galliera di Genova deliberarono l’istituzione di un Registro dietro specifica richiesta del primario del servizio trasfusionale, il professor Giorgio Reali. All’epoca, il dottor Mario Barbanti – che dirigeva il laboratorio di istocompatibilità annesso al trasfusionale – aveva studiato e messo a punto un programma al computer per raccogliere le caratteristiche genetiche di soggetti tipizzati a favore di consanguinei. Proprio a Genova, infatti, presso la divisione di ematologia del Policlinico San Martino, diretta dal professor Alberto Marmont, intorno alla fine degli anni ’70 erano stati eseguiti – per la prima volta in Italia! – trapianti di midollo osseo tra fratelli e il laboratorio di istocompatibilità del Galliera conduceva, sui pazienti e sui loro familiari, le tipizzazioni. Presso quel laboratorio, quindi, vi era un discreto numero di tipizzazioni di persone sane (i consanguinei dei pazienti, praticamente), che erano state ‘registrate’ in un archivio informatico.
Nel 1988, però, il gruppo del professor Marmont – alla guida del dottor Bacigalupo – eseguì il primo trapianto in Italia da donatore non consanguineo su una ragazzina di 14 anni affetta da leucemia, utilizzando le cellule midollari di una donatrice inglese iscritta presso il Registro Nolan di Londra, che all’epoca rappresentava l’unico Registro di donatori del mondo. Per cui, spinti dal senso di frustrazione di non poter eseguire il trapianto nella maggior parte dei pazienti che, pur avendone l’estrema necessità, non potevano contare sul familiare compatibile, gli ematologi italiani sollecitarono il dottor Barbanti a richiedere a quei soggetti ‘registrati’ nel suo archivio dati, il consenso a essere disponibili per qualsiasi malato in attesa di trapianto, anche non familiare. Le 2.321 persone che nel 1989 risposero positivamente, costituirono il primo embrione dell’IBMDR.
In quello stesso periodo nasceva anche ADMO (ufficialmente costituita nel 1990), allo scopo di informare e sensibilizzare la popolazione italiana sulla donazione di midollo osseo, iniziando a formare quella cultura della donazione che, oggi, può contare su oltre 370.000 soggetti iscritti in Italia (dei quali 330.000 circa idonei alla donazione) e oltre 12 milioni nel mondo (ascrivibili a oltre 60 Registri con i quali l’IBMDR italiano è collegato). Eppure questi numeri non sono sufficienti, perché tali numeri riescono a soddisfare soltanto il 50-60% dei pazienti in attesa di trapianto. Pazienti (sono bambini, giovani, uomini, donne…) che desiderano fortemente non avere più niente a che fare con leucemie, linfomi, mieloma, talassemia… e sperano di trovare quel donatore-gemello capace di far riagguantare la vita a ciascuno di loro. La compatibilità fra non consanguinei, infatti, ha un rapporto di 1 a 100.000!
I volontari ADMO, dunque, il 21 e il 22 marzo saranno con i loro gazebo nelle piazze italiane per parlare di vita. Vita che può continuare grazie a un gesto solidale, a un puro atto d’amore.
Fu allora che gli Ospedali Galliera di Genova deliberarono l’istituzione di un Registro dietro specifica richiesta del primario del servizio trasfusionale, il professor Giorgio Reali. All’epoca, il dottor Mario Barbanti – che dirigeva il laboratorio di istocompatibilità annesso al trasfusionale – aveva studiato e messo a punto un programma al computer per raccogliere le caratteristiche genetiche di soggetti tipizzati a favore di consanguinei. Proprio a Genova, infatti, presso la divisione di ematologia del Policlinico San Martino, diretta dal professor Alberto Marmont, intorno alla fine degli anni ’70 erano stati eseguiti – per la prima volta in Italia! – trapianti di midollo osseo tra fratelli e il laboratorio di istocompatibilità del Galliera conduceva, sui pazienti e sui loro familiari, le tipizzazioni. Presso quel laboratorio, quindi, vi era un discreto numero di tipizzazioni di persone sane (i consanguinei dei pazienti, praticamente), che erano state ‘registrate’ in un archivio informatico.
Nel 1988, però, il gruppo del professor Marmont – alla guida del dottor Bacigalupo – eseguì il primo trapianto in Italia da donatore non consanguineo su una ragazzina di 14 anni affetta da leucemia, utilizzando le cellule midollari di una donatrice inglese iscritta presso il Registro Nolan di Londra, che all’epoca rappresentava l’unico Registro di donatori del mondo. Per cui, spinti dal senso di frustrazione di non poter eseguire il trapianto nella maggior parte dei pazienti che, pur avendone l’estrema necessità, non potevano contare sul familiare compatibile, gli ematologi italiani sollecitarono il dottor Barbanti a richiedere a quei soggetti ‘registrati’ nel suo archivio dati, il consenso a essere disponibili per qualsiasi malato in attesa di trapianto, anche non familiare. Le 2.321 persone che nel 1989 risposero positivamente, costituirono il primo embrione dell’IBMDR.
In quello stesso periodo nasceva anche ADMO (ufficialmente costituita nel 1990), allo scopo di informare e sensibilizzare la popolazione italiana sulla donazione di midollo osseo, iniziando a formare quella cultura della donazione che, oggi, può contare su oltre 370.000 soggetti iscritti in Italia (dei quali 330.000 circa idonei alla donazione) e oltre 12 milioni nel mondo (ascrivibili a oltre 60 Registri con i quali l’IBMDR italiano è collegato). Eppure questi numeri non sono sufficienti, perché tali numeri riescono a soddisfare soltanto il 50-60% dei pazienti in attesa di trapianto. Pazienti (sono bambini, giovani, uomini, donne…) che desiderano fortemente non avere più niente a che fare con leucemie, linfomi, mieloma, talassemia… e sperano di trovare quel donatore-gemello capace di far riagguantare la vita a ciascuno di loro. La compatibilità fra non consanguinei, infatti, ha un rapporto di 1 a 100.000!
I volontari ADMO, dunque, il 21 e il 22 marzo saranno con i loro gazebo nelle piazze italiane per parlare di vita. Vita che può continuare grazie a un gesto solidale, a un puro atto d’amore.
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