La testimonianza di Nina: Nata due volte

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5 giugno 2023, un giorno apparentemente normale. La sveglia suona, tutti si preparano per la giornata, io sono ancora a letto, in dormiveglia. Ad un tratto vengo svegliata da mio padre, per andare a fare le analisi del sangue poiché, qualche giorno prima, sul mio corpo erano apparse delle petecchie. Dopo mi sarei recata a scuola. Purtroppo il destino aveva altri programmi.

Mi svegliai con la febbre a 38.7° e ovviamente i piani della mia “giornata tipo” cambiarono. Ci fiondammo al pronto soccorso di Modica, per sottopormi urgentemente ad un prelievo di sangue. Quando i medici ci chiamarono, con l’esito delle analisi in mano, sembrava avessero appena visto un fantasma: tutti i valori del sangue erano alterati. Ci consigliarono di andare immediatamente al policlinico di Catania e così facemmo dopo aver preso le cose più importanti a casa.


Non ricordo molto del momento in cui entrai al policlinico. Ho memoria dei numerosi prelievi di sangue e che passai il restante pomeriggio con una flebo di soluzione fisiologica, sdraiata su una poltrona, ad attendere il mio ricovero in una stanza del reparto di oncoematologia pediatrica. Due giorni dopo, il 7 giugno, mi ritrovai di fronte al primo scalino del mio percorso: fecero una biopsia al mio midollo osseo. Solo dopo, scoprii che era stata necessaria per scongiurare la possibilità che potessi essere affetta da una leucemia fulminante. Fortunatamente emerse che non erano presenti cellule tumorali, ma i medici faticavano comunque a scoprire quale fosse la causa del mio malessere. Così decisero di fare un’altra biopsia, grazie alla quale fu possibile stabilire che avevo una malattia rara chiamata “aplasia midollare”. Il mio midollo osseo aveva smesso di funzionare, non produceva più globuli rossi, globuli bianchi né piastrine. Iniziarono allora a farmi trasfusioni di sangue e di piastrine. Qualche giorno dopo, di sera, durante una trasfusione, iniziai a stare male.

Tremavo come non avevo mai creduto si potesse tremare, vomitai e la febbre salì a più di 40°. Stavo avendo una reazione allergica alle piastrine. Quella fu la prima volta in cui ebbi veramente paura di morire.


Fortunatamente, dopo un paio di ore stetti meglio. Aspettammo per un po’, con la speranza che il mio midollo ricominciasse a funzionare. Ma, ahimè, arrivammo a metà luglio e ci diedero la notizia che avrei dovuto sottopormi ad un trapianto di cellule staminali. A Catania questo tipo di trapianto viene svolto con donatori familiari compatibili al 100%, ma con i miei genitori e mio fratello eravamo compatibili solo al 50%, quindi avremmo dovuto trasferirci in un altro ospedale. Decidemmo di affidarci al policlinico San Matteo di Pavia, dove mi ricoverarono per una settimana al reparto di oncoematologia pediatrica. Mi fecero alcuni esami e stabilirono che il donatore migliore sarebbe stato mio fratello, nonostante fossimo compatibili solo al 50%. Seppi poi che la preparazione per ricevere il nuovo midollo non era affatto una passeggiata: avrei dovuto fare quattro giorni di chemioterapia ad alto dosaggio e un giorno di radioterapia. In quel momento tutta la positività a cui mi ero aggrappata iniziò a cedere.Pensare che avrei avuto i miei lunghissimi capelli ancora per poco fu una delle cose che feci più fatica a metabolizzare. Dopo quella settimana trascorsa in ospedale a Pavia tornai a casa, dove rimasi per qualche settimana con la consapevolezza che per tanto tempo non sarebbe stata più quella casa mia. Cercai di vivere gli ultimi momenti nel miglior modo possibile, ma il giorno della partenza arrivò presto.Io e mamma tornammo a Pavia, ignare dell’inferno che avremmo passato poco dopo.

Iniziai la terapia e successivamente fui trasferita nel reparto dei trapianti, in una stanza sterilizzata da cui non sarei più potuta uscire a causa delle mie difese immunitarie praticamente assenti. A fine agosto, anche mio fratello venne a Pavia poiché doveva essere preparato in vista della donazione. Il 30 agosto ricevetti il suo midollo. Al contrario di ciò che molti pensano, fortunatamente, il trapianto del midollo osseo avviene come una normalissima trasfusione. Sembrava andare tutto per il meglio, ormai bisognava solo aspettare che i valori si alzassero e che il midollo nuovo iniziasse a funzionare ma, ancora una volta, il destino andava in un’altra direzione. Il 10 settembre i medici chiamarono mia madre in una stanza a parte per parlarle, io ebbi un brutto presentimento ma decisi comunque di non farmi prendere dal panico. Dopo qualche minuto, mia madre tornò in camera accompagnata dai medici i quali mi comunicarono che il trapianto non era andato bene perché avevo avuto un rigetto.


In quel momento rimasi senza parole, abbracciata da un sensodi paura indescrivibile.L’unica soluzione era rifare il trapianto, questa volta la donatrice sarebbe stata mia madre. Dovetti rifare le terapie e nel frattempo i miei capelli iniziarono a cadere e con loro la mia speranza che quell’incubo finisse presto. Nel frattempo, a causa della mia immunodepressione, come se non bastasse, al mio quadro clinico si aggiunse un fungo al polmone. I giorni passavano lenti ma in ospedale mi sentivo al sicuro, così tanto al sicuro che quando mi dissero che il 15 novembre sarei stata dimessa, iniziai ad avere degli attacchi di panico. Piano piano, col tempo e con l’aiuto delle persone a me vicine, riuscii a gestire al meglio la mia ansia.

A dicembre ricevetti un bellissimo regalo: la notizia che per Natale sarei tornata finalmente a casa mia…ero al settimo cielo! Il nuovo anno cominciò decisamente meglio rispetto a come si era concluso e, inoltre, una nuova chioma prendeva sempre più piede sulla mia testolina. Oggi i valori del mio sangue sono nella norma, puntualmente ogni mese devo tornare a Pavia per dei controlli e, a parte il fungo che staziona ancora comodamente nel mio polmone, posso affermare con fierezza che…STO BENE!


Un’esperienza del genere ti insegna tante cose: ho imparato a dare più importanza alla vita e a come usiamo il nostro tempo; ho imparato a riconoscere le persone ch tengono veramente a me; ho capito fino in fondo quanto sia importante la famiglia; ho avuto la fortuna di conoscere delle persone veramente speciali che lavorano negli ospedali con dedizione e con tanta umanità e, inoltre, mi sono resa conto di quanto sia importante la scuola. In questo lungo periodo ho sentito molto la mancanza della scuola, mi è mancato non poter sentirmi come i miei coetanei, pensavo a quanto fossero fortunati, una fortuna che io stessa davo per scontata. Purtroppo il tempo perso non potrò recuperarlo ma, se in in passato non vedevo l’ora di uscire da scuola, ora non so cosa darei per poter rivivere al meglio il mio ultimo anno scolastico.

Ma di una cosa sono certa: d’ora in poi vivrò la mia “seconda vita” con pienezza e riconoscenza, dando valore alle cose davvero importanti. Mi auguro che la condivisione della mia esperienza possa sensibilizzare molte persone sul tema della donazione. La donazione di sangue, la donazione di piastrine, ma soprattutto, la donazione del midollo osseo.

Purtroppo ognuno di noi è compatibile con 1 persona su 100.000. Questo gesto apparentemente così piccolo, può salvare la vita di molte persone.


Grazie a questo gesto sono nata un’altra volta.

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