Ingegnerie delle emozioni
Flaviano Di Franza, 32 anni, è ingegnere di una multinazionale che opera all’estero. Ha donato il proprio midollo osseo, destinato oltre il confine italiano. Ne parla nel libro che ha pubblicato recentemente, i cui diritti d’autore saranno devoluti ai ‘suoi’ amici di ADMO Piemonte.
Quando si parla di donazione del midollo osseo, non sempre si comprende appieno il reale valore che può avere. O, per lo meno, non si comprende finché non si entra in un reparto d’ospedale, dove ci sono tante persone sofferenti ma, per assurdo, poche volte angosciate. Leucemia: parola assordante, che spazza via ogni ragionevole senso di vita. E poi c’è il donatore potenziale, che entra in reparto e si sente benedire da tutti come se fosse un santo. C’è il donatore potenziale, che corre in bagno a piangere per l’emozione e poi torna in riunione con i medici, ancora commosso ma sorridente, perché comprende che la normalità è un dono. Flaviano ricorda ancora il letto che gli era stato assegnato all’ospedale Le Molinette di Torino: il numero 17 (rovesciato), destinato a chi entra in qualità di donatore. E questa esperienza l’ha raccontata anche nel suo libro ‘Il modo migliore di rovinarsi la vita (danneggiandola agli altri): essere ingegnere giramondo’, pubblicato nel luglio recente.
Perché un libro?
“Quando mi hanno regalato un cassetto, ci ho messo dentro tre sogni: diventare ingegnere, girare il mondo, scrivere un libro. Il terzo l’ho materializzato dopo quattro anni dai primi due. È così che nasce il testo, pensando che la vita sia un ‘perché no?’ invece di un semplice ‘perché?’: ho messo nero su bianco, in chiave ironica, quello che i miei occhi hanno osservato dentro e fuori il mondo dell’ingegnere, dentro e fuori i pensieri di un uomo”.
Che cosa racconta l’ingegnere giramondo nel suo libro?
‘Viaggiando attraverso i continenti, ho avuto l’opportunità di scoprire realtà che mai avrei immaginato, di capire come l’uomo sia uguale ovunque, con i suoi pregi e difetti, alterati ed esaltati dalle eventuali condizioni di massima indigenza in cui si trova. Il libro nasce perciò come un reportage scritto durante il mio tempo libero, in particolare in Sierra Leone e Venezuela. Ci ho aggiunto anche un pizzico di autoironia, parlando degli stereotipi che accompagnano noi ingegneri, e mi sono soffermato su come possano cambiare i rapporti con amici e affetti, dal momento che le distanze fanno distinguere gli amici di serie A dagli amici di serie B”.
Quanto conta l’ironia quando si è lontani da casa e affetti?
È più forte della nostalgia? “Come dico spesso, l’ironia è l’elemento essenziale che consente di sorridere anche quando proprio non se ne ha voglia. A volte si mandano giù bocconi amari, perché certi abbracci mancati sono insostituibili. Poi, ci si siede a riflettere e si comprende che solo sorridendo, seppure amaramente, si può sopravvivere alle mancanze affettive in cui incorro quotidianamente”.
Ingegnere, viaggiatore e ora anche scrittore. Riesci a coniugare il tutto?
“Non è facile. Significa ottimizzare il proprio tempo e concentrarsi al massimo per riuscire a far bene il proprio lavoro coltivando gli interessi extra professionali. Ma la mia grande fortuna si chiama quotidianità: è completamente diversa da quella che potrei condurre a casa e, questo, mi agevola fortemente”.
Hai deciso di devolvere i diritti d’autore a ADMO Piemonte, ma qual è un altro buon motivo per
acquistare il tuo libro?
“Per l’ironia che pervade il testo. Chi ama non prendersi troppo sul serio, spero possa comprendere e condividere la trama di questo libro. Ci sono poi molti spunti per riflettere e domande che condivido con i lettori, tracciando soltanto le mie risposte”.