Il senso degli uomini per l’amore
Due padri e un volontario, tre storie che arrivano dal Nord e dal Sud dell’Italia, un unico denominatore: quel sentimento che nasce là, dove batte forte il cuore, quell’amor che tutto muove e riesce a trasformare il loro proverbiale essere uomini duri in un tenero e solidale essere per gli altri.
Dopo alcuni mesi trovo il coraggio di scrivere queste righe sulla malattia di mio figlio. Lo avessi fatto prima, sarebbero state solo parole di dolore, senza speranza e profondamente tristi.
Ma ora sto vedendo che la terapia, iniziata diverse settimane fa, sta dando qualche risultato e, in un certo modo, sono più sereno. Inizio a vedere oltre, insomma. Inizio a sperare in una ripresa che, fino a pochi giorni fa, sembrava non arrivare.
Tutto è incominciato all’improvviso.
Si sa che esistono certe patologie. Dai giornali e dalla televisione si apprendono notizie su rare e gravi forme di malattia e se i pazienti sono bambini, difficilmente riesci a non provare un senso di compassione, di sconforto. Ma come accade per tutte le cose spiacevoli, pensi che mai potrebbero riguardare te così da vicino. E invece, poi, capita che un giorno tu… o, peggio ancora, il tuo bambino si ammali.
Subito non te ne rendi conto. Ti domandi il motivo di ciò. Resti spiazzato. Quello che pensavi potesse capitare soltanto agli altri, in Paesi lontani o in situazioni di difficoltà, arriva invece a segnare proprio la tua vita. Il più delle volte non riesci a comprenderne il motivo e il fatto ti sembra ancora più assurdo.
Sei convinto di vivere un incubo. Di breve durata, ma pur sempre un incubo. Poi, un po’ alla volta, prendi coscienza e inizi a capire che la realtà, triste, è quella che purtroppo stai vivendo. Inizia il buio.
Non c’è più niente che abbia valore. Crollano, in un solo istante, tutti i progetti. Non riesci più a pensare e nessuna parola riesce a darti la forza di guardare avanti. Inizi a parlare di malattia. Inizi a pensare alla malattia. Mille volte ti chiedi che cosa puoi fare e sembra un paradosso riconoscerti impotente di fronte a un evento così drammatico. Fino al giorno prima, nel mondo dei sani, una risposta ai dubbi e alle incertezze sei sempre riuscito a trovarla. Magari sbagliata, ma hai pur sempre avuto numerose scelte. Quando c’è di mezzo la malattia, invece, ti rendi conto che l’ammalato volontariamente può fare poco: sta al suo corpo opporsi e mettere in gioco le forze e le difese di cui dispone. E allora subentra la speranza. La speranza che dipende dalla generosità altrui. Ti spiegano che per la malattia di tuo figlio, tra le varie cure, esiste il trapianto di midollo osseo da donatore non consanguineo. Ecco, queste mie parole vorrei arrivassero dritte al cuore di chi le legge per far pensare e riflettere sulle centinaia, migliaia di situazioni simili, in cui sovente l’unica possibilità di continuare a vivere consiste nel trapianto di midollo donato da un volontario. È la legge delle probabilità e della fortuna: non sempre si riesce a trovare il donatore compatibile, anche se nel mondo sono veramente tanti, perché quei tanti purtroppo non sono sempre sufficienti.
Forse mio figlio, se le cose andranno bene, non avrà bisogno del trapianto. Ma ci sono comunque altri bambini e altre famiglie che aspettano, pregano di trovare un donatore compatibile. Vorrei che la gente sapesse questo. Che sapesse e si prodigasse per compiere un gesto straordinario. Non per pietà ma per profondo altruismo. Donare il proprio midollo non è un gesto comune: è straordinario poter offrire speranza a chi vede soltanto il dolore davanti a sé. Non ho mai chiesto nulla a nessuno, ma ora mi sento in dovere di lanciare questo appello, dando voce a chi non trova forza e parole in momenti così difficili. Grazie per aver dedicato il vostro tempo a questa lettura. E un grazie infinito a coloro che si prodigano nelle cure di mio figlio, oltre che a tutti gli altri piccolini che stiamo incontrando.
UN GESTO STRAORDINARIO
Mio figlio di sei anni è in cura dal dicembre scorso presso un ospedale di Torino, per una forma di aplasia midollare. Dopo due mesi di ricovero è stato dimesso e, ora, viene sottoposto a visite periodiche per valutare l’efficacia della terapia e controllarne il decorso. Al momento sta reagendo abbastanza alle cure e forse potremo scongiurare il trapianto di midollo osseo (quello di sua sorella non era compatibile, per cui si è proceduto con un altro tipo di terapia). Ci aspettano ancora mesi difficili, però siamo fiduciosi e stiamo vivendo alla giornata. Non riesco a esprimere al meglio ciò che provo… ma essere impotenti, di fronte ad un figlio malato, credo sia la peggiore delle esperienze per un genitore. Perché sto scrivendo questi pensieri? Perché vorrei che la mia testimonianza riuscisse a portare tanti altri donatori per i tanti bambini la cui unica speranza di vita è legata al trapianto.
Grazie anche ad ADMO per l’aiuto che riesce ad offrire.
NULLA SUCCEDE PER CASO…
Quella mattina eravamo in sessanta in piazza Matteotti, a Biccari, per recarci a San Giovanni Rotondo. E già questo era un successo annunciato. Ma la cosa più bella è stata la partecipazione di sedici ragazzi che si sono recati all’ospedale Casa Sollievo della Sofferenza e si sono sottoposti alla tipizzazione, per verficare la compatibilità del proprio midollo osseo in modo da poterlo donarlo a Vittorio o ad altri ragazzi che ne hanno bisogno. Arrivati a Monte Sant’Angelo ci siamo recati al Ristorante San Michele e, terminato il pranzo, il proprietario del locale mi ha confidato di avere sua figlia – di soli cinque mesi – in ospedale perché in attesa del trapianto di midollo osseo. La notizia mi ha lasciato senza parole e ho sentito il bisogno di divulgarla a tutti i commensali. Casuale la prenotazione proprio in quel ristorante? La maggior parte di noi ha subito pensato che niente succede per caso: a volte si creano situazioni inspiegabili che solo la voce del cuore può renderci più chiare. Quando abbiamo lasciato il ristorante, in tutti noi c’era la speranza che fra i sedici ragazzi tipizzati ci fossero quelli in grado di salvare la vita sia a Vittorio sia alla piccola Francesca.