Donazione di cellule staminali emopoietiche da sangue periferico

 In DONARE, Un po' di noi agli altri

Intervista a Nicoletta Sacchi, direttore del Registro Italiano Donatori Midollo Osseo

Dottoressa Sacchi, cominciamo con un sintetico resoconto dei risultati raggiunti a oggi.
«Nel 2005, su 180 donazioni da donatore volontario, non familiare, iscritto al Registro Italiano Donatori Midollo Osseo, 48 (27%) hanno donato cellule staminali ematopoietiche raccolte da sangue periferico, dopo somministrazione di fattori di crescita e 132 hanno donato CSE prelevate dal midollo osseo. Nel corso di quest’anno, al 15 settembre 2007, abbiamo registrato 160 donazioni, di cui 60 da sangue periferico (pari al 38%).


Se analizziamo i trapianti di CSE eseguiti in Italia , sia da donatori provenienti dal Registro Italiano Donatori Midollo Osseo sia esteri, osserviamo che il 50% circa viene eseguito utilizzando midollo osseo e la restante pari aliquota utilizzando CSE prelevate da sangue periferico. Visto che questa è l’esigenza dei clinici, presumiamo che si assisterà a un ulteriore incremento di donazioni da Registro Italiano Donatori Midollo Osseo eseguite con questo nuovo tipo di raccolta.»
 


Immagino che lei sia informata del fatto che le procedure suggerite dal Registro Italiano, in merito alle modalità di somministrazione dei fattori di crescita e di assistenza al donatore in questa fase, non sono scrupolosamente seguite su tutto il territorio nazionale. Cosa può dirci in merito?

«Per quanto di nostra conoscenza, gli operatori del Registro che lavorano presso i Registri regionali, i Centri Donatori e i Centri Prelievo si attengono scrupolosamente a quanto indicato dagli standard operativi IBMDR, il Registro Italiano Donatori Midollo Osseo. È pur vero che, nel rispetto dei requisiti procedurali richiesti, ciascun registro regionale IBMDR può organizzare le procedure di selezione, valutazione e prelievo del donatore tenendo conto delle particolari esigenze logistiche, strutturali e organizzative della zona geografica di competenza. Ciò avviene sia per la donazione da midollo sia da sangue periferico e, in ambedue i casi, il medico che coordina il centro prelievi è responsabile del fatto che al donatore venga data tutta l’assistenza necessaria prima, durante e dopo la donazione.

Stiamo cominciando a valutare le osservazioni dei volontari che hanno donato CSE da sangue periferico, dichiarate attraverso appositi questionari nei giorni successivi alla raccolta. I dati ottenuti sono ancora preliminari (si riferiscono a soli 90 intervistati), comunque la netta maggioranza degli stessi dichiara di essere stato assistito in maniera  più che soddisfacente durante tutta la procedura».
 

Come ADMO abbiamo avuto qualche problema con alcuni nostri collaboratori che si sono rifiutati di proseguire nell’attività di reclutamento, perché il follow-up del donatore li preoccupava. Che cosa si sente di dire loro?
«Contrariamente a quanto è avvenuto in quasi tutti gli altri Paesi sedi di registri, dove da circa dieci anni è possibile la donazione di CSE da periferico da donatore non consanguineo, in Italia questa è stata resa operativa solamente a partire dal 2005. Infatti, soltanto a seguito di una accurata valutazione da parte della Commissione SIMTI IBMDR (che ha, fra gli altri, il compito di tutelare e salvaguardare la salute del donatore) di tutti i dati relativi al decorso post donazione (follow-up) forniti dal Registro tedesco e da quello americano (i due maggiori registri del mondo in quanto a numero di iscritti e numero di donazioni) si è deciso di renderla proponibile. I dati analizzati erano relativi a un decennio e non hanno evidenziato problemi significativi a carico dei donatori, anche dopo anni dalla somministrazione dei fattori di crescita. Comunque, al fine di monitorare al meglio i nostri donatori, è stato deciso di continuare a ricontrollare il loro stato di salute (secondo un protocollo molto dettagliato) per i dieci anni successivi alla donazione. Infine, se analizziamo i dati del SEAR, il registro mondiale degli eventi avversi legati alla donazione di CSE da non consanguineo, redatto dalla World Marrow Donor Association, la percentuale di eventi negativi legati alle due procedure di donazione è pressoché sovrapponibile (1,6 per 1000 donazioni) e spesso, nella donazione da sangue periferico, è ascrivibile all’utilizzo di catetere venoso centrale, procedura non consentita per i donatori italiani, non consanguinei».
 

Se, con l’esperienza di oggi, dovesse scrivere il follow-up per i donatori di midollo osseo di 15 anni fa, cosa potrebbe mettere in evidenza?
«Sottolineo l’estrema disponibilità dei donatori a ripetere la donazione in caso di necessità e il numero assai contenuto di eventi negativi che si sono verificati in questi quindici anni di attività, numero sovrapponibile, in percentuale, a quanto riscontrato a livello mondiale. La maggioranza dei donatori riporta dolorabilità in sede di prelievo, peraltro descritta come contenuta e risolta nell’arco di due o quattro giorni dalla donazione. Il 20% degli intervistati invece lamenta un recupero fisico più lento del previsto (da una settimana a quindici giorni), riferendo mal di schiena e astenia. Il 98% dei donatori di midollo ha, però, vissuto serenamente queste sequele, riferendo di essere stato preparato, durante i colloqui antecedenti alla donazione, in maniera esaustiva a quello a cui sarebbe andati incontro.

Considerando, invece, il livello di assistenza percepito dai donatori, nel caso del prelievo da midollo osseo si osserva che solo il 77% degli intervistati si ritiene soddisfatto del trattamento ricevuto. Tale differenza, rispetto alle osservazioni raccolte dai donatori da periferico, è ascrivibile sia al fatto che i dati sono numericamente più consistenti (1000 soggetti rispetto a 90) e, quindi, più realistici, sia al fatto che il prelievo da midollo osseo impone un ricovero in strutture sanitarie, spesso non predisposte per accogliere un donatore volontario; una quota di intervistati (5%) lamenta, infatti, soprattutto carenze nella struttura ospedaliera, denunciando scarsa qualità dei pasti e sistemazione non adeguata alla figura del donatore».

 

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