Donare è salvare: parola di mamma

Ero preparata al peggio, se mai – per assurdo – una madre possa prepararsi alla morte di un figlio. La notizia che in Inghilterra c’era la donatrice compatibile arrivò come un raggio di sole, in una giornata di dicembre. Iniziarono i preparativi per il trapianto. Dopo tanto aspettare, improvvisamente tutto si svolse in gran fretta: il 31 gennaio 1992 Manuel, nella camera sterile dell’Ospedale di Brescia, aspettava il dottor Fulvio Porta, partito per l’Inghilterra da dove sarebbe ritornato con la sacca di midollo osseo donato dalla giovane volontaria. Attendemmo. C’era un silenzio intenso, sembrava di stare in un acquario, come nei sogni. E il nostro si stava avverando. Erano le 20 quando arrivò il dottor Porta: l’infermiere gli andò subito incontro, aprirono la valigetta e avvolta in un telo, come fosse un bambino, c’era la sacca di midollo. La collegarono al catetere venoso centrale di Manuel e, goccia a goccia, iniziò a entrare nel suo corpo, mentre lui giocava con un puzzle. Ci chiese, candidamente: “Adesso guarirò?”.
Sì, Manuel ce l’ha fatta: ora ha vent’anni, una vita assolutamente normale, come quella dei suoi coetanei. Ci accompagna sempre il ricordo di quei giorni, con il nostro ringraziamento alla vita e a tutte quelle persone di buona volontà che contribuiscono a far sì che il mondo sia migliore. Grazie a quella sacca arrivata dall’Inghilterra ho capito che l’amore tra le persone esiste, non è una favola. È questo che voglio testimoniare e, con grande umiltà, continuo a farlo tra i giovani, nelle parrocchie, nella mia famiglia e tra i miei amici. Perché donare il midollo osseo può davvero salvare una vita e, spesso, è la vita di un bambino. Parola di mamma!
Paola Massarelli
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